Non più primi in economia circolare com’eravamo fino all’anno scorso e maglia nera nella transizione verso un’energia pulita libera dai combustibili fossili e amica del clima. É la sintesi, decisamente negativa, del cammino “green” dell’Italia fornita dal quarto Rapporto Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica promosso in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club, Fondazione Symbola. Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma, presso la Sala “Gianfranco Imperatori” dell’Associazione Civita, in un incontro cui hanno partecipato il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, la vicecapogruppo del Pd alla Camera Simona Bonafé, il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, il presidente del Consorzio nazionale degli oli minerali usati Riccardo Piunti, il direttore di Confindustria-Cisambiente Lucia Leonessi, il curatore del Rapporto Duccio Bianchi. L’iniziativa è stata introdotta da un saluto del presidente dell’Associazione Civita Gianni Letta e ha visto l’intervento del ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin.
L’iniziativa si è conclusa con un confronto a più voci a partire dal libro della giornalista Tonia Mastrobuoni “L’erosione”, su “destre sovraniste e transizione ecologica”. Ne hanno discusso con Mastrobuoni i giornalisti Flavia Perina e Italo Bocchino.
“Questo quarto Rapporto Circonomia – così nell’introduzione al Rapporto il direttore scientifico del Festival Roberto Della Seta – certifica che l’Italia, fino all’anno scorso primatista in Europa in economia circolare, cioè nella capacità di utilizzare nel modo più efficiente le risorse naturali, non è più in testa alla classifica, sorpassata dall’Olanda. Ma più del “sorpasso” olandese, a colpire è il brusco rallentamento del cammino “green” italiano negli ultimi anni. In tutti gli indicatori tranne uno (tasso di riciclo dei rifiuti), dal 2018 in poi corriamo di meno della media dei Paesi Ue. Talvolta il peggioramento non è solo relativo ma assoluto: consumiamo più materia e produciamo più rifiuti sia per abitante che per unità di Pil (mentre i dati medi europei segnano una riduzione), produciamo più emissioni climalteranti pro-capite (dato medio europeo: -7 peggio dell’Europa nel consumo di energia fossile (noi stabili, in Europa -5%) e nella crescita delle energie rinnovabili: +7% sul totale dei consumi contro il +14% dell’Europa, +2,2% sulla produzione elettrica contro il +15,2% europeo”.
Malgrado questa vistosa perdita di velocità nella transizione ecologica, l’Italia rimane tra i Paesi europei più avanti nel passaggio a un’economia circolare: prima per il tasso di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, con prestazioni brillanti in tutti gli altri principali indicatori di “circolarità” dal consumo di materia per unità di Pil al tasso di utilizzo di materie prime seconde, cioè provenienti da riciclo. In questo quadro di generale eccellenza brillano particolarmente le performance di molti consorzi di filiera che gestiscono la raccolta e il riciclo di specifiche tipologie di rifiuto: su tutti il Conou, il Consorzio nazionale degli oli minerali usati, che raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato raccoglibile e ne rigenera in il 98% in nuove basi lubrificanti (in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi).
“Sul tema ambientale sono stati fatti degli errori, ma sono stati ideati anche strumenti virtuosi – ha dichiarato Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera -. Credo che l’invenzione della circolarità dei rifiuti sia straordinariamente geniale perché ci consente di utilizzare più volte ciò che consumiamo, ci permette di tutelare la materia prima e la materia prima seconda, salvaguardando così il futuro delle nuove generazioni e preservando il pianeta. Ma ci sono molti paradossi. L’approvvigionamento energetico non può andare a scapito della salvaguardia del paesaggio: se abbiamo un deficit di energia non possiamo andare a spalmare sul territorio milioni e milioni di pale eoliche e pannelli fotovoltaici perché rischiamo di distruggere questa ricchezza e procurando un’altra emergenza, ancora più pericolosa, quella alimentare. Sulla rigenerazione urbana, non si può continuare a parlare di economia circolare e poi costruire con i materiali più energivori che ci siano, vetro e acciaio. Infine i rifiuti: se dobbiamo fare economia circolare, la costruzione del termocombustore rinnega il principio stesso dell’economia circolare”.