“Un ministero di riferimento serve. Quello per la Transizione ecologica è una grande sfida per il futuro del nostro Paese in termini di potenzialità sul lavoro e sull’innovazione”. Così il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Edo Ronchi, ministro dell’Ambiente dal ’96 al 2000, in merito al nuovo annunciato dicastero. “Un pilastro”, afferma Ronchi, per il quale “ci sarà da affrontare la riforma delle competenze” anche se “non c’è bisogno di inventare molto” se si segue l’impostazione europea.
La transizione ecologica, ricorda Ronchi, “è il primo punto del Recovery plan europeo”. All’orizzonte “la crisi climatica non è così lontana” e l’Italia non si può presentare alla Conferenza mondiale del clima di Glasgow il prossimo novembre, la Cop26, dice Edo Ronchi, “non in regola con il piano di adeguamento all’obiettivo dell’Ue per aumentare l’impegno di taglio dei gas serra dal 40 al 55 per cento”. L’impegno, sottolinea il già ministro dell’Ambiente, “sarà importante perchè dal ’90 al 2019 abbiamo tagliato il 19%, ora si tratta di fare un salto dal 19 al 55 per cento”.
Oltre all’impegno sulla riduzione dei gas climalteranti occorre, dice Ronchi, raddoppiare la crescita delle rinnovabili, fare molto di più sul settore dei trasporti dove, a parte questo anno di pandemia, “abbiamo aumentato le emissioni anziché diminuirle”.
La transizione green non è solo neutralità climatica “ma anche – sottolinea Ronchi – economia circolare che per un Paese manifatturiero come il nostro è centrale e che è pre-condizione per gli impegni sul clima, con la riduzione del consumo di materiali che va a incidere sul comparto energetico”. Senza dimenticare il tema della biodiversità: “Non si può parlare di transizione ecologica – dice Ronchi – senza interessarsi al capitale naturale che in Italia significa bonifiche, recuperi, risanamenti, falde”. Nel mirino anche la qualità green delle città che apre tutto il capitolo della mobiltà sostenibile. “Ecco perchè un ministero della Transizione ecologica è fontamentale. Ora occorre ridisegnarlo”.
Il ministero dell’Ambiente ha un suo Dipartimento della Transizione ecologica creato nel gennaio del 2020: è stato voluto dal ministro uscente, il Cinquestelle Sergio Costa, nell’ambito di una riorganizzazione interna. In quell’occasione, nella sede di via Cristoforo Colombo erano stati creati due dipartimenti, per seguire i due grandi filoni delle politiche ambientali: da un lato Protezione della natura, dall’altro Transizione ecologica. Quest’ultima è il passaggio da un’economia basata sulle fonti fossili di energia a una basata su fonti rinnovabili, riciclo (la cosiddetta economia circolare) e risparmio energetico. In materia di transizione ecologica, una parte delle competenze, quelle sulle energie pulite, restano in capo al ministero dello Sviluppo economico. Lo scopo del Dipartimento presso il ministero dell’Ambiente era proprio quello di coordinarsi col Mise su questi temi, che vanno al di là delle sue tradizionali competenze di tutela ambientale.