L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile rappresenta una serie di manovre d’azione, sottoscritte nel 2015, e varate da ben 193 Paesi membri dell’ONU. Quando parliamo di sviluppo sostenibile si fa spesso riferimento ai fattori ESG, cioè ai fattori Environmental, Social and Governance, parametri cardini per misurare la sostenibilità di un investimento o progetto. Nell’anno dei mondiali di calcio in Qatar, i primi mondiali giocati in inverno, la domanda è lecita: quanto è sostenibile il mondo del calcio, e in cosa può e deve migliorare?
Standard Ethics promuove solo in parte il mondo del calcio
L’Agenda dell’ONU si fonda su 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, che ad ampliare lo sguardo prevede in realtà oltre 160 traguardi o risultati da raggiungere, e non parliamo soltanto di emissioni zero, ma anche di lotta alla povertà e contrasto al surriscaldamento ambientale. Da un’analisi di SE European Football Index, che ha preso in esame i primi 15 club di calcio europei, il livello di queste società è ancora basso, a parte due che raggiungono gli standard minimi. La valutazione si impernia su un totale di nove gradi espressi in lettere, dove “EEE” significa eccellente, mentre “F” rappresenta una votazione insufficiente, e in cui lo standard minimo è rappresentato da “EE-”. Inoltre, un dato balza agli occhi, e cioè che il 20% delle società di calcio ha una gestione della sostenibilità lontana dalla sufficienza.
Gran parte del processo passa dalle strutture, quanto sostenibili sono i Mondiali?
Il 2022 è l’anno dei Mondiali di calcio, forse il più grande evento sportivo esistente al mondo insieme alle Olimpiadi, da tutti i punti di vista. Se solo si pensa ai milioni di giocate e di scommesse che vengono effettuate sulle partite di questo torneo in tutto il globo ci rendiamo conto della portata di questa manifestazione. Un primo dato rispetto alla sostenibilità dei mondiali in Qatar 2022 potrebbe già lasciarci a bocca aperta: le emissioni in Qatar nel solo mese di novembre 2022 saranno otto volte superiori a quelle di un anno soltanto in Islanda secondo la Ong Carbon Market Watch. Secondo la FIFA sono infatti 3,6 milioni le tonnellate di CO2 generate dai viaggi, dalla costruzione delle infrastrutture e degli alloggi, anche se la federazione ha per la prima volta nella storia della coppa del mondo approntato una strategia di sostenibilità. Un elemento è sicuramente emblematico di questa edizione del Mondiale. La manifestazione che si terrà in Qatar è infatti estremamente “compatta”: parliamo di sole cinque città impegnate per un totale di otto strutture protagoniste. Ciò per ridurre il numero di trasporti per terra e aria, considerando che le otto sedi sorgono in un raggio di 50 km da Doha.
Ciò che fa storcere il naso agli analisti di Carbon Market Watch è che i calcoli della FIFA hanno preso in considerazione soltanto il periodo dei mondiali, e non l’intero ciclo di vita delle strutture. Difatti è fuori discussione che gli stadi, gli alloggi e tutto ciò che è stato costruito per questa manifestazione ha una propria impronta di CO2. Proprio rispetto a ciò non c’è certezza circa il destino di queste infrastrutture che proprio come è avvenuto in Brasile, o ad Atene dopo le Olimpiadi, potrebbero trasformarsi in cattedrali del deserto.
Un esempio emblematico è la città di Doha. Durante la propria storia questa città ha sempre e soltanto utilizzato un solo impianto di calcio, mentre dal 2023 se ne ritroverà ben otto.