Mancato rispetto, “sistematico e continuativo”, del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto (NO2) in varie città e nessuna misura per rispettarlo. È questa la motivazione con cui la Corte di Giustizia Ue, accogliendo un ricorso della Commissione Europea nell’ambito di una procedura d’infrazione, ha stabilito che l’Italia è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva Ue sulla qualità dell’aria. Il biossido d’azoto, lo ricordiamo, è un inquinante molto dannoso per la salute, le cui concentrazioni sono dovute soprattutto al traffico veicolare. Le città interessate dalle valutazioni che hanno portato alla sentenza sono: Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e Genova.
Perché il ricorso è stato fatto dalla Commissione Ue?
La Commissione europea o un altro Stato membro possono proporre un ricorso per inadempimento diretto contro uno Stato membro che è venuto meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Qualora la Corte di giustizia accerti l’inadempimento, “lo Stato membro interessato deve conformarsi alla sentenza senza indugio”. La Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest’ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza.
La Corte europea ritiene che l’Italia abbia mancato agli obblighi che le incombevano:
1) omettendo di provvedere al contenimento dei valori limite annuali di NO2, sistematicamente e continuativamente oltrepassati:
–a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2018 incluso, negli agglomerati di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e nel comune di Genova;
–a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2017 incluso, nella zona A – pianura altamente urbanizzata;
–a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2012 e a partire dall’anno 2014 fino all’anno 2018 incluso, nell’agglomerato di Catania;
–a partire dall’anno 2010 fino all’anno 2012 e a partire dall’anno 2014 fino all’anno 2017 incluso, nelle zone industriali
2) omettendo di adottare, a decorrere dall’11 giugno 2010, le misure atte a garantire il rispetto del valore limite annuale di NO2 nell’insieme delle anzidette zone, in particolare per non aver provveduto a che i piani relativi alla qualità dell’aria prevedessero misure atte a limitareal periodo più breve possibile il superamento della soglia limite.
La Corte ha accertato il sistematico superamento del valore limite del biossido d’azoto in tutte le zone in esame, a decorrere dall’anno 2010. Secondo la Corte, l’oggettivo superamento del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto (pari a 40 μg/m3), fattore inquinante dell’aria nocivo per la salute umana, è di per sé sufficiente per ritenere l’inadempimento dell’Italia all’obbligo previsto dall’art. 13 della direttiva 2008/50/CE. La persistenza nel tempo della situazione di superamento del valore limite dimostra l’inidoneità delle misure adottate dall’Italia, con violazione dell’ulteriore obbligo di limitare il superamento al periodo più breve possibile previsto dall’art. 23 della direttiva 2008/50/CE.
Giustificazioni non accettate
La Corte sottolinea che non costituiscono valide giustificazioni quelle fatte valere dall’Italia, quali le difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, la tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, i tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati, le tradizioni locali, la presenza di cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel.
Il testo integrale della sentenza: https://curia.europa.eu/juris/documents.jsf?num=C-573/19