Lo spreco alimentare nei mercati all'ingrosso: focus sul CAAT di Torino
Il racconto di Tiziana Pia, autrice della tesi di master in Sostenibilità sociale e ambientale delle reti agroalimentari (MASRA) dal titolo “Recupero e redistribuzione sociale delle derrate alimentari: il caso del Centro Agroalimentare di Torino. Stato dell’arte e proposte di adozione di buone pratiche”
05 febbraio, 2018
Il tema dello “spreco alimentare” è di scottante attualità e coinvolge non solo i paesi sottosviluppati ma, anche e soprattutto, il mondo occidentale. Alcuni dati possono dar conto della vera e propria emergenza globale che lo spreco alimentare rappresenta. Il nostro pianeta ospita una popolazione di circa 7,6 miliardi di persone: di queste ogni anno circa 805 milioni soffrono la fame e 36 milioni ne muoiono, mentre 1,5 miliardi sono sovra-alimentati o obesi. Il cibo è prodotto in abbondanza, ma di circa 4 miliardi di tonnellate disponibili, annualmente ne vengono gettate via circa 1/3 ancora perfettamente commestibili.
Oltre un miliardo e trecentomila tonnellate di derrate, che potrebbero facilmente coprire 4 volte le necessità delle persone in sofferenza e che, invece, sono destinate ad alimentare questo circuito paradossale. Drammatiche le ricadute negative, non solo sul sistema economico a causa dell’enorme spreco di denaro, ma anche sulle risorse naturali, sulla disponibilità di fonti energetiche, sulla salute delle persone e, di conseguenza, sulla spesa sociale.
Discussa lo scorso venerdì 26 gennaio 2018 una tesi di master in Sostenibilità sociale e ambientale delle reti agroalimentari (MASRA) il cui titolo evocativo è “Recupero e redistribuzione sociale delle derrate alimentari: il caso del Centro Agroalimentare di Torino. Stato dell’arte e proposte di adozione di buone pratiche”. Benché la ricerca svolta nella tesi si sia concentrata sul fenomeno dello spreco nei mercati all’ingrosso, vi è una interessante disanima del fenomeno più generale.
Nello specifico, la ricerca non solo ha messo in luce la situazione attuale nel CAAT (Centro Agro Alimentare di Torino), che risulta essere fra i maggiori mercati all’ingrosso italiani, ma ha evidenziato quelle che sono le criticità relative alla non massiccia donazione delle derrate invendute e invendibili data la limitata scadenza al consumo.
E’ stato ricercato, attraverso la somministrazione di un questionario, un confronto diretto con i singoli operatori del CAAT, in particolare quelli che ad oggi non partecipano all’attività di donazione, ma purtroppo le risposte non sono state molte. Questa mancanza è stata surrogata dalle interessanti interviste sia al responsabile del Banco Alimentare, all’ex direttore del CAAT e al presidente dell’APGO, l’associazione di categoria degli operatori. Ognuno, portando evidentemente il proprio punto di vista, mette in luce le criticità determinate dagli aspetti normativi oltre che di sensibilità personale che definiscono la situazione attuale. Tra le criticità emerse con maggior enfasi durante tutte le interviste ricorre innanzitutto la difficoltà nella gestione fiscale e amministrativa delle donazioni, con gli inevitabili aspetti burocratici, che rendono un gesto tutto sommato semplice qual è la donazione di beni alimentari complicato e farraginoso.
La recente Legge italiana dedicata al tema, pubblicata nell’agosto 2016, prevede la semplificazione delle procedure per la donazione al Terzo settore ma, nella percezione degli operatori, risulta ancora di complessa applicazione nello specifico contesto. Un altro punto debole del sistema è la scarsa conoscenza del tema “spreco alimentare” e delle attività degli Enti benefici fatto che, unitamente alle complicazioni burocratiche, può rendere i grossisti non particolarmente inclini ad aderire alle attività di raccolta e redistribuzione delle derrate. Per contro, anche chi già dona, avrebbe piacere di sentirsi più attivamente coinvolto, di sentirsi parte di un processo di “costruzione del bene” che, si lamenta, talvolta non viene sufficientemente veicolato da parte delle Organizzazioni del Terzo Settore.
Infine, focalizzando lo sguardo sugli aspetti più propriamente gestionali, è emersa da parte del Banco Alimentare la necessità di consolidare maggiormente le raccolte, garantendo sia la costanza e l’uniformità di prelievo nel tempo, sia le quantità di derrate conferite.
Questa breve carrellata di opinioni, oltre a tratteggiare un quadro di riferimento rispetto alla complessità del tema, può essere d’aiuto per porre le basi per definire alcune “buone pratiche” da testare presso il CAAT. Ad esempio, anche sulla scorta di analoghe esperienze condotte in alcuni tra i più importanti Mercati agroalimentari europei analizzati nella tesi, la presenza di un presidio del Banco Alimentare potrebbe portare ad un più stretto contatto e collaborazione tra donatori e beneficiari, garantendo così una maggiore predisposizione al dono. L’adesione a progetti di Servizio Civile Volontario o di alternanza scuola-lavoro inoltre consentirebbe di garantire quella costanza di personale volontario che è stata indicata come una delle maggiori criticità da parte del Banco Alimentare.
La ricerca è stata sviluppata entro un tirocinio svolto presso la Città Metropolitana di Torino. “Lo studio realizzato è estremamente interessante: non un punto di arrivo ma una base di partenza per un lavoro che auspico possa tradursi in un progetto operativo finalizzato a ridurre ulteriormente le derrate oggi “sprecate” presso il CAAT, che ci piacerebbe condurre in collaborazione con la Città di Torino, oltre che di tutti gli altri operatori della filiera. Molto interessante sarebbe la possibilità di affiancare la distribuzione delle derrate fresche con l’avvio di una filiera di trasformazione dell’invenduto, che potrebbe avere oltre all’indubbio beneficio di ridurre le quantità di prodotti ortofrutticoli che diventano rifiuti anche quello di avviare un percorso di inclusione lavorativa legato alla produzione di prodotti alimentari conservati, alla loro distribuzione gratuita e/o in vendita.” dice Agata Fortunato, tutor per il tirocinio e responsabile dell’Ufficio Ciclo Integrato dei Rifiuti della Città Metropolitana di Torino